L’accusa parte da un’inchiesta del Wall Street Journal che spiega come il meccanismo sarebbe stato attivato alla fine del 2018. A venire privilegiati gli articoli del private label. Il gruppo smentisce.
Amazon avrebbe modificato gli algoritmi che alimentano il suo sistema di ricerca dei prodotti per favorire quelli con margini di profitto più elevati. L’accusa è stata diffusa da un’inchiesta del Wall Street Journal, che riporta come il meccanismo in questione sarebbe stato alterato alla fine dello scorso anno. Sarebbe quindi attivo da circa nove mesi, influenzando silenziosamente le scelte dei clienti, spinti ad acquistare non gli articoli più venduti o più rilevanti, ma quelli più redditizi per l’azienda.
Una mossa che porterebbe a favorire i prodotti a marchio privato, il private label di Amazon
Divisioni interne
Ma le fonti del Wsj confutano la posizione dell’azienda. E aggiungono particolari specifici: spiegano che il passaggio da un algoritmo all’altro sarebbe stato dibattuto internamente. Da una parte, a Seattle, i dirigenti della divisione commerciale sostenevano Amazon dovesse indicizzare meglio i propri prodotti a marchio. Dall’altra, nella Silicon Valley, il team di ingegneri che ha lavorato al progetto riteneva non fosse negli interessi dei clienti mostrare per primi alcuni prodotti. Questi ultimi dalla loro avrebbero avuto anche gli avvocati del gruppo, inclini a respingere il cambiamento per non attrarre ulteriori controlli da parte dei regolatori Antitrust.
Per la big company non è infatti un momento sereno, sotto questo punto di vista, con controlli incrociati sia da parte dell’Europa, sia degli Stati Uniti. Uno degli ultimi ha preso avvio lo scorso luglio, quando la commissaria Antitrust Ue, Margrethe Vestager, ha aperto una nuova inchiesta. Obiettivo: valutare se l’utilizzo di Amazon dei dati raccolti dai venditori indipendenti presenti sulla piattaforma violino le norme europee sulla concorrenza.
. Anche se non è chiaro se le modifiche abbiano finito per incrementarne realmente la vendita.
La notizia, se confermata da indagini, avrebbe sicuramente un’eco molto grande. Amazon per il momento smentisce. In una dichiarazione via mail al Wsj, la portavoce di Amazon Angie Newman ha riferito che il portale non ha mai modificato i criteri che utilizza per classificare i risultati di ricerca a favore della redditività.
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