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Si chiama Weiqi ma nel mondo è conosciuto come Go. È l’unico rompicapo in cui l’uomo è ancora più forte

C’è una scacchiera dove gli umani sanno ancora vincere. È una griglia di 19 caselle per lato e qui l’intelligenza artificiale si perde, arranca, balbetta come un mediocre dilettante.

È un gioco antico, nato sulle sponde del Fiume giallo almeno 2500 anni fa, quando i cinesi cominciarono a filosofeggiare sugli astri e sui numeri.

Si chiama Weiqi, ma nel mondo è più conosciuto come Go.È una frontiera e una sfida per l’intelligenza dei computer. Nel 1997 Deep Blu, marchiato Ibm, sconfisse il campione del mondo di scacchi, Garry Kasparov. Era il punto di svolta, il sogno di Alan Turing che cominciava a prendere forma, la realtà delle macchine pensanti, eppure davanti a questo gioco antico e solo in apparenza semplice, il computer trova il suo limite (per ora). Troppe variabili. I giocatori di Go hanno 19 x 19 = 361 possibili mosse iniziali, ed esistono di solito centinaia di possibili varianti che possono essere compiute durante il gioco. Il numero di mosse negli scacchi sono invece molte di meno.

 

Ma c’è anche un’altra difficoltà, i computer faticano a valutare i punti di forza e i punti deboli di una determinata posizione nella scacchiera. Negli scacchi, la semplice somma del valore di ciascun pezzo rimasto sulla scacchiera fornisce una ragionevole indicazione della forza di cui dispone un giocatore. Questo, però, non avviene in Go: il conteggio del numero di pietre in possesso non è un buon indicatore di chi è in vantaggio. L’obiettivo non è «mangiare» ma occupare territori, circondare spazi. È meno tattico e più strategico. Nel Go i gran maestri fanno spesso affidamento più sull’intuito che sull’analisi ragionata, e costruire una macchina in grado di replicare questo tipo di intuito è estremamente difficile.

Ora il Wall Street Journal racconta che i giganti della rete, Facebook e Google su tutti, stanno investendo parecchio proprio su questa sfida. Il futuro dell’intelligenza artificiale passerebbe da qui. È sul Go che si testano le «reti neurali», un sistema di algoritmi che potrebbe ragionare come il cervello umano.La realtà è che il Weiqi, molto più degli scacchi, è una rappresentazione e una metafora dell’epoca che stiamo vivendo. È il dover fare i conti con una dose maggiore di incertezza quotidiana, dove i ruoli sono definiti e ogni giorno ti tocca trovare una soluzione alla tua vita. Immaginate un campo vastissimo, dove chi può cerca di occupare tutti gli spazi disponibili. Le intersezioni delle linee in torno alla pietra (nera o bianca) si chiamano «libertà» e se qualcuno le circonda la pietra muore. Non è questo il dilemma molto italiano del lavoro giovanile?

Il gioco però è anche una simulazione dell’arte della guerra. Gli scacchi sono una guerra istituzionalizzata, codificata, con un fronte, retrovie e battaglie. Si va da un punto ad un altro, e la sfida è occupare il massimo di posti con un minimo di pezzi. Nel Go non c’è una linea di combattimento, non c’è fronte e non c’è retrovia. Lo scopo è tenere lo spazio e apparire da un momento all’altro in qualsiasi punto. È la guerra che stiamo vivendo, dove non ci sono cavalli e re, ma pedoni improvvisi e letali. Chi attacca minaccia il tuo spazio, definisce linee invisibili e scommette sulla tua paura. Chi si difende costruisce muri e tenta di salvaguardare il proprio territorio, fisico e culturale. In questa partita contro il terrore non basta la logica. Il Go è un gioco tremendamente umano.

 

(Fonte: IlGiornale.it)

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